La principessa Bel Fiore
C'era una volta un padre che aveva due figli. Il maggiore, di nome Josè,partì come soldato per l'America, dove rimase molti anni. Quando tornò, purtroppo suo padre era morto e suo fratello sfruttava l'eredità, tanto che divenne molto ricco. Tornando a casa, lo vide mentre scendeva le scale, e gli domandò: "Non mi riconosci?" Il fratello gli rispose scortesemente di no!.
Lui allora si fece riconoscere ma suo fratello fregandosene ne aproffittò per dirgli di andare nel granaio, perché lì c'era un'arca che gli aveva lasciato il padre in eredità. Detto questo, se ne andò per i fatti suoi. La cassa era piuttosto vecchia e il ragazzo si chiese: “E adesso, che cosa me ne faccio di questo vecchio rudere? Però, se questa è la volontà del Signore, forse mi sarà utile per fare un bel falò, così potrò scaldarmi. Fa un freddo!" Si caricò l'arca sulle spalle e se ne tornò alla locanda, e armotosi di ascia, prese a fare a pezzi il mobile, quando, da un cassetto segreto, cadde un foglio misterioso. Il giovane lo aprì, e vide che era un documento che attestava che suo padre era entrato in possesso di un'ingente somma di denaro. Il figlio la incassò, e divenne molto ricco. Un giorno incontrò per la strada una donna che piangeva a calde lacrime; le domandò che cosa avesse, ed ella gli rispose che suo marito era gravemente malato e che non solo non aveva denaro per curarlo, ma anche che rischiava di finire in carcere perché non potevano pagare i debiti. "Non si affligga" le disse José, "suo marito non finirà in carcere, né dovrete vendere i vostri averi, perché sistemerò tutto io: pagherò io per voi i vostri debiti, e pagherò anche le spese mediche, compreso il suo funerale, se proprio non dovesse guarire." E così fece; ma dopo aver pagato anche il funerale a quel poveretto, che morì, il giovane si ritrovò senza un soldo: tutta la sua eredità era stata impiegata in quell'opera buona. "E adesso, cosa faccio?" si chiese tra sé e sé. "Dal momento che non mi resta più neanche da mangiare, mi metterò al servizio del re." Così, si fece assumere come servitore al palazzo reale e si comportò così bene, che il re lo prese tanto a benvolere che lo promosse a Ciambellano. Nel frattempo, il suo ingrato fratello era diventato povero, e così gli scrisse pregandolo di aiutarlo, e siccome José era molto buono di cuore, supplicò il re di impiegarlo a corte, e il re glielo concesse. Il cattivo fratello, tuttavia, anziché provare gratitudine per il bene ricevuto, cominciò a provare invidia per la posizione di fiducia che José ricopriva, e si ripropose di fargliela perdere; cominciò a fare domande tra i cortigiani, e venne a sapere che il re era follemente innamorato, non ricambiato, della principessa Bel Fiore, la quale, non lo voleva poiché era vecchio e non più di bell'aspetto. Seppe anche che la principessa si era rintanata in un castello nascosto tra le fratte, nessuno sapeva dove. Così, il cattivo fratello andò a riferire al re che José sapeva dove si trovava la principessa, e che le scriveva in segreto. Allora il re andò in collera e mandò a chiamare José ordinandogli di condurre al palazzo la principessa Bel Fiore, e gli disse che se non lo avesse fatto, lo avrebbe fatto impiccare. Il poveretto, sconsolato, andò alla scuderia per prendere un cavallo e partire all'avventura, alla ricerca di Bel Fiore, e lì, incontrò un cavallo bianco, vecchio e debole, che gli disse: "Prendi me, e non preoccuparti di nulla." José rimase strabiliato nel vedere un cavallo parlante, ma montò su di lui senza protestare, e prima di partire il cavallo gli disse di portarsi dietro tre pagnotte di pane. Dopo aver cavalcato per un bel tratto di strada, incontrarono un formicaio, e il cavallo gli disse: "Lancia alle formichine il pane, così potranno mangiare." "Ma a che pro?" rispose José, "così resteremo senza cibo."